Olimpiadi di Berlino, quelle di Hitler e di Owens. Ondina Valla prende posizione in buchetta alla partenza degli 80 ostacoli, elegante nel suo 1,74 di altezza. Ha il numero 343 e indossa una maglietta azzurra, con i pantaloncini blu e la cintura bianca. Sono le 17.30 del 6 agosto 1936, gli spettatori sono 100mila e lo stadio della capitale del Reich pare il centro del mondo. Ondina è in quarta corsia, sulla pista in terra battuta; nella seconda c'è Claudia Testoni, l'amica-nemica, bolognese anche lei, con la stessa grinta e la stessa spavalda voglia di dimostrarsi la migliore.
Sul filo di lana
La gara si prevede incerta, da giocarsi in un soffio. Quattro-cinque atlete sono sullo stesso livello. Ondina ha vinto la sua semifinale in 11,6, record del mondo, ma ha le gambe dure e non si sente favorita. Allo sparo dello starter parte male ma resiste allo scatto esplosivo della Testoni, che schizza via, attacca fulminea il primo ostacolo e resta in testa fino ai 40 metri. Ondina, viso teso, i capelli bruni raccolti, non è fluida, corre di forza, accelera, rinviene con le sue lunghe leve, raggiunge la prima e piomba sul filo di lana con pochi centimetri di vantaggio bruciando le avversarie, quattro ragazze in un fazzoletto: 11,7 è il suo tempo, lo stesso della tedesca Steuer, seconda, della canadese Taylor, terza, e della Testoni, quarta. La vittoria di Ondina, in rimonta sul filo di lana, è di misura ma netta, con un vantaggio che i giudici stabiliranno in 61 millesimi, un battito di ciglia. Per le altre medaglie c'è lotta: la Testoni, a lungo in testa, pare seconda; poi il responso della Zielzeikamera, il fotofinish dell'epoca, la scalza dal podio, a sette millesimi dalla Taylor. Una cocente delusione: si rifarà nel '38 con il nuovo primato del mondo.
La prima volta al femminile
La ventenne Ondina, in quel pomeriggio magico di Berlino, è la prima italiana a vincere una medaglia d'oro alle Olimpiadi, diventando apripista e testimonial dello sport "rosa", simbolo della grazia e della femminilità italiana, "esempio, come scrive l'italica stampa, della sana e robusta gioventù nazionale". Leni Riefenstahl fissa il suo rush finale in "Olympia" e la dolce ma coraggiosa ragazza di Bologna, grazie a una felice immagine di Bruno Roghi, diventa "il sole in un sorriso".
Il declino
Atleta precoce e versatile, capace di vincere, nel '33, ai primi Giochi mondiali dello sport studentesco, i 100, gli 80 ostacoli, il salto in alto e la staffetta 4x100, pluricampionessa e primatista italiana, "la piccola meraviglia italiana" declina rapidamente per problemi alla schiena, una spondilosi vertebrale che la frena mentre all'orizzonte si profila la guerra. L'ultimo primato nazionale è del 28 luglio 1940, con la 4x100, insieme a Cattaneo, Daverio e Testoni.
Addio
Dopo la guerra, una tranquilla vita in famiglia, all'Aquila, città d'adozione, con il marito Guglielmo, ortopedico, e il figlio Luigi. Mito a vent'anni, "la donna più veloce del vento", amata ma non sempre imitata dalle giovani italiane della sua generazione, saluta tutti a novant'anni, andandosene il 16 ottobre 2006, ma è ancora lì che vola, in cineteca, con forza ed eleganza, battendo le avversarie e il tempo. Come è ancora in vita, accanto allo stadio di Bologna, l'abete che Ondina piantò allora, nel '36, omaggio alle medaglie d'oro di un'Olimpiade molto lontana.